Le recenti notizie provenienti da Mario Draghi sul futuro del Quantitative Easing (QE) e la risposta positiva immediata delle borse possono fornire preziose indicazioni per una previsione sui tassi mutui 2018. Proviamo ad addentrarci meglio nelle questioni macroeconomiche, semplificando i concetti per provare ad anticipare i tempi e capire come muoverci nel mondo dei mutui per trarre il massimo vantaggio dalla situazione presente e del futuro prossimo.
Tassi mutui 2018: andamento lento
Pochi giorni fa Mario Draghi, presidente della BCE, ha sorpreso i mercati annunciando che proseguirà il QE fino almeno a Settembre 2018. Seppur in versione dimezzata (la Banca Centrale si impegnerà a comprare titoli per un controvalore di 30 miliardi di euro al mese), questa notizia sorride a chi ha acceso il mutuo in passato e a chi lo sta per accendere. Con questa mossa l’Europa continuerà ad influenzare i tassi d’interesse come avvenuto da qualche anno a questa parte e non è difficile prevederne gli effetti. Gli indici di riferimento saliranno lentamente nel lungo periodo, mantenendo ancora valori bassi e molto appetibili per chi accede al credito. Inoltre, quanto affermato da Draghi lascia ben sperare circa le previsioni sui tassi mutui 2018 anche per il secondo semestre, con un possibile ulteriore slittamento della fine del QE e una conseguente crescita a rilento dei tassi d’interesse.
Questa situazione pone i mutuatari in una situazione pressoché ideale, potendo scegliere tra un tasso variabile intorno al punto percentuale e un fisso poco oltre i duecento punti base (2%). Ad esempio, al momento, il tasso Euribor è negativo e compreso tra la forbice -0.37 per l’indice a 30 giorni (-0.38 per l’Euribor 365) e il -0.19 per l’indice a un anno.
Rispetto a quanto sopra descritto è molto probabile che l’indice Euribor rimanga negativo almeno fino al Settembre 2018, per stazionare intorno alla parità nella seconda parte del prossimo anno. Molto però dipenderà dalle scelte della BCE in materia di politica monetaria.
Tassi mutui 2018: fisso o variabile?
L’eterna domanda di ogni mutuatario: nel 2018 meglio il fisso o il variabile? La risposta più corretta non è possibile darla adesso, tuttavia è possibile fare delle considerazioni per cercare di capire qual è la scelta migliore, valutando i fattori critici e il mercato nel momento in cui viene presa la decisione.
La prima cosa da valutare è la situazione in cui ci si trova, ossia se il mutuo è stato acceso già qualche anno fa oppure se è fresco fresco. Nel primo caso, se il mutuo risale a diversi anni fa, è possibile scegliere la surroga per ottenere condizioni migliori per il debito residuo. Se, invece, il finanziamento è recente, i tassi saranno con molta probabilità già bassi ed in linea con quelli offerti dal mercato. In ogni caso è sempre meglio valutare la possibilità di rinegoziare il nostro mutuo con la banca oppure verificare se è possibile cambiare la tipologia di tasso, in caso ad esempio di un prodotto a tasso misto.
Ricordiamoci che gli interessi dovuti sono maggiori nei primi anni del debito, in cui la rata mensile sarà composta per la maggior parte da quota interessi e meno dalla quota capitale, con un debito che si riduce più lentamente all’inizio. Un tasso variabile in questa fase consentirebbe di sostenere una rata con una quota capitale maggiore, abbattendo più velocemente il debito contratto, in virtù di tassi d’interesse applicati piuttosto bassi.
Se invece l’obiettivo è non avere problemi con le variazioni della rata e avere sotto mano un andamento regolare e pianificato con largo anticipo, il tasso fisso è la risposta. Accendere un mutuo con interessi fissi al 2% o poco più era impensabile fino al 2013-2014 e garantirebbe rate fin da subito composte da una buona parte di quota capitale: in questa situazione di tassi bassi è possibile ridurre la durata media dei mutui e abbattere gli interessi dovuti alla banca nel corso dell’ammortamento.
Fonte Gooruf.it